Ancora una volta assistiamo a quella che sembra essere la conferma di un trend ormai consolidato: la sanità privata continua a colmare, spesso indisturbata, i vuoti lasciati da una sanità pubblica sempre più fragile. In psichiatria, poi, questo vuoto si fa ancora più evidente: un Dipartimento di Salute Mentale di fatto assente da anni, con due CSM privi di una direzione stabile, retti da figure “facenti funzione”.
Si persevera nel finanziare modelli superati di psichiatria “istituzionale”, basati su logiche di contenimento più che di cura e inclusione, mentre il Decreto Legislativo 63/2024 – la cosiddetta “Legge Locatelli” – apre finalmente a una visione radicalmente diversa. Una visione che, per molti aspetti, va anche oltre la Legge Basaglia.
Il nuovo impianto normativo (la sperimentazione è partita a gennaio 2025 in nove province e, se tutto procede, sarà estesa a livello nazionale dal 2027) introduce un approccio integrato e multidimensionale, affidando la valutazione della disabilità non più alle sole commissioni INPS, ma a équipe interdisciplinari in grado di considerare anche gli aspetti ambientali, sociali e relazionali della persona. Al centro non c’è più la diagnosi, ma il “Progetto di Vita”: un percorso costruito con e per la persona, insieme alla sua famiglia, ai servizi, alla scuola, al mondo del lavoro.
Una riforma ambiziosa, che però rischia di rimanere lettera morta se non viene sostenuta, soprattutto a livello regionale, da un impegno collettivo. Ecco perché il Terzo Settore, le associazioni e i cittadini attivi non possono più restare spettatori. Serve un’assunzione di responsabilità: vigilare, intervenire, proporre. Non basta più “esserci”, bisogna incidere.
Solo così potremo davvero garantire un cambiamento profondo, concreto e duraturo. La strada è tracciata. Ma sta a noi scegliere se percorrerla o restare fermi a guardare.


